DARWIN
Ognuno ha i suoi eroi e Darwin è sempre stato il mio, fin da bambino. Erano gli anni in cui sognavo di diventare un becchino e fare il naturalista rappresentava per me un’ottima alternativa. Quasi tutti mi chiedevano chi fosse Darwin, oppure lo additavano come una figura troppo seriosa, certo importante, ma non adatta a impersonare un modello infantile. Io dissentivo, rassicurando sul fatto che Batman o Spiderman fossero figure di tutto rilievo, ma che il buon Darwin lo fosse molto di più. Rammento lo sgomento della mia maestra alle elementari, quando, pensando a una recita, azzardai l’idea di creare un canovaccio su di lui. Per cercare di scoraggiarmi mi disse “Ma come facciamo con la barba?” Io risposi con logica disarmante “Con l’ovatta!” Non venni minimamente preso in considerazione e alla fine si optò per una mesta esecuzione canterina, durante la quale venni scoperto a fingere di cantare e punito severamente. La mia maestra era una suora, la scuola un istituto religioso e solo molti anni più tardi feci ragionamenti logici sulla faccenda, arrivando forse a una spiegazione.
Ma non mi feci convincere dai beceri luogocomunisti, il celebre naturalista inglese rimase per me sempre una figura di riferimento importante, sia nelle mie derive giovanili negli studi scientifici che successivamente in quelle espressive. Tante volte, in passato, ho pensato di lavorare su Darwin, magari scrivendo la sceneggiatura per un film, creando un libro illustrato, facendo pupazzi e animazioni, volevo però prendermi i giusti tempi, desideravo poter leggere con calma i tanti libri accumulati negli anni, fare ricerche approfondite. Alla fine, ho sempre rimandato.
Poi, all’inizio di questo strambo anno, una bieca epidemia ci ha costretti a rimanere chiusi in casa e a cambiare le nostre abitudini di vita. La novella pestilenza, oltre a instillarmi una fastidiosa sensazione di disagio, ansia e paura, mi ha fatto meditare sulla teoria di Malthus e sulle strampalate strade dell’evoluzione e della selezione naturale, ma mi ha anche offerto la giusta occasione per immergersi in un progetto così impegnativo. Allora, come un novello Emilio Salgari (permettetemi il paragone, solo per la sedentarietà), ho esplorato terre lontane, incontrato animali meravigliosi e personaggi che sembrano scaturiti dalle migliori pagine di letteratura d’avventura. Tutto questo senza muovermi da casa, immerso tra libri, dvd e ricerche on line. Alla fine, credo ne sia scaturito un ritratto molto personale, certamente non esaustivo dal punto di vista biografico o scientifico, ma credo curioso, affettuoso, sincero, tanto che avrei potuto intitolarlo “Il mio Darwin”.
Ho voluto raccontare la sua storia partendo dall’ infanzia, da Bobby, un bimbo dal naso troppo grande per il suo volto delicato, che faticava a pronunciare la lettera W, che aveva una passione sfrenata per gli insetti e gli piaceva inventare linguaggi segreti con il fratello Erasmus. Quando la mamma Susanna morì, Bobby divenne Charles. Venne rinchiuso in un terribile collegio dove non si imparava nulla, si era costretti a subire soprusi e la disciplina era imposta con punizioni degne di un carcere. Dopo provò a studiare medicina a Edimburgo, ma senza aver considerato la fobia per il sangue e il terrore dei ladri di cadaveri. Valutò allora l’idea più tranquilla di studiare teologia a Cambridge e farsi prete, però si rese conto che non riusciva a credere in tutto quello che non si può spiegare.
Proprio come me, era pigro, pauroso, problematico, ma un giorno il destino volle metterlo alla prova. Così, il giovane Charles si imbarcò su una piccola nave, insieme a un caparbio capitano che voleva dimostrare la fondatezza delle storie della Bibbia. Partì per un lungo viaggio intorno al mondo, nonostante la salute cagionevole e il continuo mal di mare. Durante i lunghi anni di navigazione, Charles si fece uomo e divenne Darwin. Vide le foreste dell’Amazonia, le coste del Brasile, la Terra del Fuoco e la Patagonia, il Cile e la cordigliera delle Ande, le isole Galápagos, Tahiti, la Nuova Zelanda e l’Australia. Da scrupoloso naturalista di bordo, raccolse tante osservazioni scientifiche e stipò casse di esemplari d’ogni genere, cominciando a rimuginare su una teoria che fece poi vacillare le certezze religiose del suo capitano e non solo.
Tornato a casa in Inghilterra, Darwin si trovò immerso nella meravigliosa fiaba vittoriana. Divenne parte indelebile della cultura, della scienza e dell’immaginario collettivo, assieme ad Alice, Peter Rabbit, i dipinti dei Preraffaeliti, o le immagini dei pionieri della fotografia. Si sposò con Emma, ebbe tanti figli e dopo anni e anni di travagliati, quanto meditati studi, pubblicò la sua teoria sull’evoluzione e sull’origine della specie, dimostrando con prove inconfutabili il lungo cammino della vita sulla terra.
Fu allora che molti si scagliarono contro di lui e gridarono che voleva assassinare Dio. Ma Bobby Charles Darwin non se ne curò troppo e si dedicò allo studio dei lombrichi in compagnia dell’amata Emma e della sua cagnetta Polly.
Scrivere e disegnare questo libro è stato per me l’inizio di un viaggio, che spero possa continuare nel tempo, arricchendosi di tante immagini e contenuti e mi possa portare a vedere con i miei occhi gli straordinari luoghi toccati dal Beagle. Durante questa scorribanda insieme a Darwin sono riaffiorati tanti ricordi, ragionamenti che avevo sepolto nel fondo di un cassetto della mia memoria e anche passioni lontane, come la zoologia e l’entomologia. Allora ho voluto cogliere il messaggio più spontaneo di Darwin e, infischiandomene delle tante difficoltà, delle paure, delle persone stolte e di quelle moleste, ho cominciato ad allevare larve giganti, che un giorno diverranno rutilanti coleotteri tropicali, ridestando lo stupore di quando ero bambino.
Stefano Bessoni