L’eredità carrolliana venne descritta in maniera poetica e puntuale da Virginia Woolf in un saggio inedito del 1939: “Per trasformarci in bambini, prima ci fa addormentare [...] Giù, giù, giù cadiamo in quel mondo terrificante, selvaggiamente insignificante, ma perfettamente logico, dove il tempo corre, poi si ferma; dove lo spazio si estende, poi si contrae. È il mondo del sonno; è anche il mondo dei sogni ... Le due Alice non sono libri per bambini; sono gli unici libri in cui noi diventiamo bambini ... non importa quanti anni tu abbia, quanto sia importante o quanto insignificante, diventi di nuovo un bambino. Diventare bambini significa essere molto letterali; trovare tutto così strano che nulla sorprende; essere senza cuore, essere spietato, eppure essere così appassionato che un affronto o un’ombra avvolge il mondo nell’oscurità”.
La storia di Alice è un singolare marchingegno psichico che permettedi mettere in moto la fantasia per reinventare a proprio piacimento ciò che si annida tra le righe, sostituendosi alla protagonista e vivendo in prima persona il viaggio tra le meraviglie di quel mondo sotterraneo e speculare. È carburante per l’immaginazione, ed è bello vedere come molti artisti se ne siano appropriati per lavorare su personalissime versioni o per trarne ispirazione. Lo sapevano bene gli esponenti dell’avanguardia surrealista che elessero il libro a emblema delle loro istanze espressive, utilizzandolo per stimolare visioni e accendere la creatività. Intere generazioni hanno idealizzato Alice, trasformandola e adattandola alle proprie istanze ideologiche, giocando spesso sul sogno, sulla libertà immaginativa, fino alle allucinazioni lisergiche, come testimonia la canzone dei Jefferson Airplane White Rabbit, del 1967, che ho voluto inserire come esergo del libro e dove, in un crescendo marziale e sincopato, ammiccante al Boléro di Ravel, Grace Slick ammonisce di nutrire la mente.
Alice Sotto Terra
Ricordo molto bene le classiche edizioni illustrate da John Tenniel o da Arthur Rackham, ma anche quella del pittore e incisore ceco Dušan Kállay, che rimane la mia preferita in assoluto, le fotografie di Vladimir Clavijo-Telepnev, o lo spettrale film di Jan Švankmajer, che un giorno lontano vinse la mia ritrosia nei confronti di Alice, suscitata dalla versione Disney, edulcorata e canterina, spalancandomi le porte di un mondo inaspettato.
Per comprendere la vera natura del capolavoro di Carroll è necessario approcciarsi al testo in modo completamente diverso da come ci hanno abituato le tante versioni banalizzate per ovvie esigenze commerciali. A tal fine può essere di aiuto The Annotated Alice, un’edizione dei due libri di Alice ragionata e commentata da Martin Gardner, dove ogni singolo personaggio, elemento e situazione vengono analizzati andando a ricercare possibili significati. Continuo a sperare che un giorno Marilyn Manson possa finalmente ultimare il suo controverso Phantasmagoria: The Visions of Lewis Carroll, un ambizioso quanto allucinato film che affonda nelle elucubrazioni deviate che gli scritti di quel timido reverendo vittoriano possono suscitare nei meandri più oscuri dell’inconscio.
Sono passati ormai tanti anni da quando ho cominciato a trascorrere del tempo con i personaggi immaginati da Carroll. Ricordo che era il periodo del liceo, quando cominciai a disegnare liberamente una mortifera bambina con i capelli a caschetto ispirata alla vera Alice Liddell, conigli scheletrici, bruchi psicotici e gatti sorridenti, senza seguire un’idea precisa. Le cartelline si riempirono di schizzi, acquerelli, incisioni, e arrivai a completare una prima serie nel 1989, che però non diventò mai un libro. Poi, quasi dieci anni fa, decisi di realizzare un piccolo taccuino di viaggio con schizzi e appunti sugli abitanti del Paese delle Meraviglie. Era la prima edizione di Alice Sotto Terra.
Chi conosce un poco il mio lavoro si è ormai abituato a continui imaneggiamenti, aggiunte, stravolgimenti in corso d’opera, perché considero ogni progetto un viaggio di ricerca, una riflessione aperta destinata ad arricchirsi senza impedimenti.
Così, approfittando dell’occasione di una nuova edizione, ho voluto riprendere in mano questo strampalato ‘bestiario’ stilato con lo sguardo di un naturalista dall’animo vittoriano, diviso tra la passione per gli insetti, gli scheletri, gli spettri, la fotografia. Mi sono rimesso in viaggio tra gli abitanti del sottosuolo, osservandoli con uno sguardo macabro, quasi da ‘intruso’. Ho voluto continuare a giocare sostituendo ancora una volta “Paese delle Meraviglie” con “Sotto terra”, perché Lewis Carroll aveva ambientato questo mondo nelle viscere della terra. In questa nuova incursione ho ritrovato Alice, ormai divenuta un’abitante di quel mondo celato nell’oscurità e rischiarato di luce propria, perfettamente calata nella realtà ribaltata che dovrebbe invece meravigliarla.